«Ciò
che vedo (nella fotografia, ndr) è che io sono diventato
Tutto-Immagine, vale a dire la Morte in persona: gli altri –
l'Altro – mi espropiano di me stesso, fanno di me, con ferocia, un
oggetto»
(R.
Barthes)
L'ultimo
lavoro di Alessandro Baronciani s'intitola Negativa
ed è un'opera che, nonostante la forte caratterizzazione data dal
genere letterario, presenta tutta una serie di rimandi e allusioni
che spingono a collocarla su un diverso piano narrativo, più
articolato e profondo rispetto alla struttura della vicenda
raccontata. La storia è più vicina all'horror piuttosto che al
genere hard-boiled o al thriller alla Dario Argento (quello più
avvincente e originale della trilogia degli animali),
eppure a mano a mano che la lettura procede ci accorgiamo che la
narrazione racchiude altri significati, aprendo inediti percorsi di
senso. In questa direzione è interessante vedere come sia proprio il
procedimento metonimico a costituire la struttura della grapich
novel, sia dal punto di vista del segno grafico sia per quanto
concerne la parte relativa alla drammaturgia. In particolare è
proprio la causa per l'effetto a muovere la corsa dello sguardo, come
ad esempio nella pagina “tagliata” che indica una ferita da
foglio di carta oppure nelle inserzioni delle alette interne che
triplicano le pagine, sviluppando ogni volta diverse e originali
impaginazioni; e da questo punto di vista la lettura di Negativa
sorprende
ogni volta che si gira una pagina.
Nel
libro la scelta stilistica del bianco e nero rimanda di fatto alla
coppia oppositiva e complementare di luce e buio e, per estensione,
alla metafora di bene e male la cui lotta, se da un lato è
utilizzata per sviluppare la trama e l'intreccio, dall'altro lato
sposta il punto di osservazione proprio sul ruolo di medium
della
fotografia; intesa proprio come scrittura
con la luce,
espressione artistica che solamente dieci anni fa necessitava di un
passaggio da un momento negativo,
rappresentato dalla pellicola, ad un secondo tempo positivo,
sintetizzato
dalla stampa finale.
La
riflessione si sposta sull'immagine fotografica e su quel suo essere
oggi privata del momento formale e costitutivo, ovvero dello sviluppo
della stampa. Non a caso i nostri tempi vedono la fotografia come un
atto istantaneo e pulsionale, un prodotto di una delle numerose
applicazione degli smartphone che vive solamente poche ore sulle
bacheche dei Social Network. La fotografia sembra aver perduto la sua
fase di latenza, quel sonno
abbandonato nella vasca dello sviluppo fotografico che era anche
momento di riflessione e di determinazione dello sguardo per il
taglio finale dello scatto. Se è vero che oggi è possibile
modificare
profondamente
l'immagine applicando centinaia di filtri alla fotografia digitale,
appare altresì perduta definitivamente l'attesa
della
nascita della fotografia, il suo farsi forma ed equilibrio di luce e
di ombra. In questa direzione è illuminate ricordare quello che
affermava Giacomo Leopardi nel pensare l'attesa come desiderio puro
della felicità, in quel suo essere sempre passato o futuro, e mai
presente.
Ed
è proprio questa riflessione che sembra legare Negativa
con
il precedente lavoro di Alessandro Baronciani, ovvero con Come
svanire completamente;
infatti se in questo nuovo libro la storia nasconde la riflessione
sull'immagine, piegandola alle ragioni della narrazione, nell'opera
del 2017 è proprio l'immagine, o meglio la scelta della narrazione
per immagini a prevalere sulla vicenda e sulla storia. Infatti quella
morte
che
lega gli snodi della narrazione in Negativa
è
la stessa che la fotografia rivendica allorquando cristallizza la
realtà, operando quel processo di mortificazione che sempre lo
scatto fotografico trasforma da soggetto in oggetto, inquadratura,
fotogramma. Come l'alter ego malvagio di Stella vive nello spazio che
separa il sogno dall'incubo, così la sirena in Come
svanire completamente abita
nella linea sottile che divide la realtà dall'immaginazione, il
luogo senza tempo del mito dalla vita di tutti i giorni. Per questa
ragione i due ultimi lavori di Baronciani, pur essendo lontanissimi
l'uno dall'altro, sembrano dialogare insieme in un movimento a
spirale in cui testo e immagine si fondono e si confondono,
lasciandoci in quello spazio liminale nel quale il testo verbale e
non verbale non possono fare più a meno l'uno dell'altro; come il
bianco e il nero, la luce e l'ombra.
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