mercoledì 22 marzo 2023

Ho condiviso la camera da letto con mio fratello, per vent'anni.

 


RagazzaCd


Mio fratello Alessandro è la persona con cui ho condiviso una camera da letto per vent'anni, pertanto è l'individuo con cui ho avuto in comune, per la maggior parte del tempo della mia vita, la forma più alta di intimità possibile: dormire nella stessa stanza. Ovviamente in letti separati, anche se vicini, quasi attigui. Per questa ragione posso intervenire oggi come persona decisamente informata sui fatti perché, per quanto possiate immaginare, non troverete una forma relazionale più stretta o di prossimità. Chi dorme nella stessa stanza divide la stessa esistenza, pertanto si cresce insieme.

La nostra camera era perfettamente simmetrica: due letti, due sedie, una libreria divisa però in due parti speculari (dischi, libri, cd, riviste ecc.), lo stereo occupava la parte centrale tuttavia le due casse erano posizionate ai lati, così da disegnare una sorta di sezione aurea tra le linee disegnate dalla libreria che ci aveva realizzato nostro padre. E nonostante il mio senso dell’ordine si posizionasse in maniera conflittuale con il suo, uguale e contrario disordine, ciononostante quello spazio della parete di fondo continuava con l’essere stranamente in equilibrio, in strana armonia. Forse perché era di fatto il punto di partenza dell'immaginario di entrambi o forse perché finiva con il diventare sintesi e rappresentazione delle nostre personalità. Si è soliti affermare che le persone disordinate sono creative, Alessandro era incredibilmente creativo.

Questo per dirvi che, anche se si è diversi come solitamente lo sono i fratelli, condividere lo stesso spazio vitale conduce a strane forme di somiglianza e di simbiosi reciproca. E se è vero che i sette anni che intercorrono tra di noi ci hanno impedito, a volte, di confrontare le nostre vicissitudini personali ed esistenziali, tuttavia siamo riusciti spesso e volentieri a condividere le esperienze culturali, perché nulla di ciò che entrava nella nostra camera scivolava indifferentemente agli occhi di ciascuno di noi due; ogni disco, libro, rivista, fumetto veniva presentato, commentato e discusso insieme. Il privilegio di avere dormito insieme a lui per vent'anni (anche se ripetuta così suona strano) mi conferisce un punto di vista privilegiato sulla sua infanzia e sulla sua giovinezza che, si sa, sono la cartina di tornasole di ogni artista; perché è nell’infanzia che nascono le nostre coordinate fantasmatiche (ebbene sì, la fantasia è come una cartina geografica, si può mappare) ed è altresì vero che l’immaginario lo creiamo da ragazzi: Il resto della nostra vita creativa diventa poi solo un cercare di dare nomi diversi a un qualcosa che, una volta, apparve nel mondo e ci meravigliò nel profondo, qualcosa che da bambini ci lasciò basiti ma che, al tempo, non riuscimmo né capire né a nominare.

Alessandro mi ha fatto conoscere i fumetti manga quando erano confusi comunemente come una sorta di frutto esotico, mi ha spiegato che non c'era poi tanta differenza tra Charles Dickens e Hayao Miyazaki, ma soprattutto ho capito, guardando i suoi disegni e ascoltando i dischi che condividevamo, che era la musica la matrice del suo immaginario. Potrei dire che ogni disegno, narrazione, graphic novel, illustrazione, libro a fumetti che Alessandro ha realizzato avesse dietro una canzone o, addirittura, una colonna sonora. Il più delle volte le musiche erano riferimenti espliciti, vere e proprie citazioni, altre volte erano allusioni più sottili, bisognava pensarci un po' su, tuttavia sempre, tra le righe o meglio sotto traccia tra i disegni, c'era una musica che si poteva vedere. Dunque non mi ha sorpreso notare ancora una volta in questo suo ultimo Ragazza CD, il desiderio di sempre di Alessandro: cercare quel luogo dove sguardo e udito si incontrano e si relazionano, che non è semplicemente dare forma e immagine alla musica, a quello pensano gli illustratori; no, la ricerca in questo caso è più sottile e raffinata: Ragazza CD desidera raccontare una storia dove immagine e musica, sguardo e udito si avvicendano e si sovrappongono, restituendoci un altro tipo di storia, una narrazione diversa o, se preferite, una meta narrazione.

Nell'immaginario creativo di Alessandro è difficile capire se venga prima la musica o l'immagine, l'ascolto oppure il gesto; se proprio dovessi azzardare un'interpretazione direi che il suo narrare per immagini inizia con una melodia, ci sono una serie di canzoni che muovono la sua fantasia. Probabilmente perché la musica è l'arte più completa, talmente astratta da scomparire nel momento in cui viene eseguita e goduta, la musica è uno spazio da riempire che non si riempie, un vuoto pieno. Perché in fondo l’artista, come diceva Jacques Lacan, è come un vasaio che crea un vaso a partire dal vuoto, per creare qualcosa bisogna partire dal buco del vaso che, nella metafora è il desiderio, ovvero ciò che non si può vedere eppure dà forma al vaso, gli dà forma e sostegno perché paradossalmente senza lo spazio vuoto un vaso non si crea. Ed è proprio il desiderio il motore invisibile, la forza che spinge l’artista a creare, a produrre sempre qualcosa di nuovo e di diverso, che in realtà non è né nuovo né diverso, ma solo un altro modo di definire, di dare forma allo stupore.

Confesso di essermi stupito tante volte di quello che Alessandro riusciva a creare e non tanto per la bellezza delle sue opere, perché alla bellezza, credetemi, non ci si abitua mai. Piuttosto per il filo rosso che, negli anni, mi è sembrato di poter individuare nelle sue opere; ovvero di come egli abbia sempre saputo restituire e ricreare le forme diverse di uno stupore che, in definitiva, appartiene e rimane nell'infanzia.

Ed io quell'infanzia l'ho vissuta nella stessa camera da letto, insieme a lui.



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