Tutte le cose diritte mentono.Ogni verità è ricurva.Il tempo stesso è un circolo.
(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra)
In
Così
parlò Zarathustra
Nietzsche afferma l'eterno ritorno dell'uguale, ovvero il fatto che
le stesse cose accadono e poi
si ripetono
di nuovo, continuamente. Nietzsche
non
parla del simile, come
il
ritorno delle stagioni, l'alba, il tramonto ecc., ma dell'uguale.
Inoltre il filosofo non ci aiuta affatto nell'interpretazione, perché
nei due testi in cui espone la sua teoria, ovvero
La
gaia scienza e
appunto
in Così
parlò Zarathustra,
le sue parole sono assolutamente criptiche e dal tono perentorio e
profetico. Però in un passo dei Frammenti
postumi,
Nietzsche riferendosi all'eterno ritorno scrive: «In
un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può
ripetersi infinite volte».
In
questa direzione il tempo assomiglia più ad una scena che viene
allestita e riallestita continuamente, pertanto il tempo è come un
palcoscenico sul quale un bravo scenografo ha misurato al centimetro
lo spazio che deve intercorrere tra gli oggetti di scena e un
altrettanto bravo regista ha affidato con
scrupolo ruoli
e scene agli attori. L’opera teatrale va
in scena
ogni sera, tutto è nell’esatta posizione della rappresentazione
precedente, gli
attori hanno
la loro parte, tuttavia non
hanno le battute assegnate, sono liberi di improvvisare, come
un canovaccio della commedia dell’arte.
Se pensiamo alla nostra vita come ad un sistema finito dentro un
sistema infinito (la nostra anima?), ogni combinazione
(reincarnazione?) può ripetersi infinite volte.
A
sostegno
di
questa teoria l’astrologia, ma anche l’astronomia, possono
aiutarci,
perché
lo stesso cielo ritorna sopra di noi, a cadenza periodica più o meno
estesa nel tempo, eppure ritorna; ritorna l’identico cielo, dunque
l’uguale, se è vero com’è vero che è così in cielo come è in
terra. Assorto
da questi pensieri sono andato a vedere dove si trovasse Saturno, il
maestro del Karma, l’ultima volta che l’ho avuto nel mio cielo,
perché si sa che il ciclo di Saturno attorno al sole è di ventinove
anni, quindi è il pianeta che nei suoi passaggi segna le fasi della
nostra vita. In poche parole Saturno è il pianeta che riallestisce
il palcoscenico, lo scenografo che prepara
nuovamente la scena e che, nell’evidenza dell’età passata, ci
dice che in realtà il tempo non esiste, perché la stessa scena
ritorna e dunque solo la nostra anima può evolversi e
scegliere di andare avanti oppure
decidere
di fermarsi
e rimanere
lì, esattamente dove l’abbiamo lasciata ventinove anni fa.
Il
31 dicembre 1991 mi trovavo a Londra e, esattamente come adesso,
avevo Saturno in Acquario. Ero riuscito a farmi anticipare il regalo
di laurea di qualche mese
e
così, insieme ad alcuni amici con
cui
condividevo
la passione per la musica, ero andato a festeggiare il
Capodanno a Londra. La vacanza aveva uno schema programmato
in partenza: visita a tutti i luoghi di culto della musica
underground della
città
(mercati, negozi di dischi), e
poi
di sera il
tour
dei locali dove si
poteva ascoltare e ballare quella grande musica.
A
questo punto sarebbe meglio ascoltare cosa intendevamo al tempo per
grande musica.
A dire il vero avevamo messo in calendario anche una visita alla National Gallery e al British Museum, dove riuscimmo ad andarci anche se gli orari dei musei remavano contro di noi. In ogni caso il programma prevedeva una colazione molto vicina al pranzo, un pomeriggio in giro per negozi di dischi e di cultura indie, e infine la sera che era quasi totalmente riservata al Camden Palace, un ex teatro riconvertito in sala da ballo nel centro del quartiere più innovativo di Londra: Camden Town. Ora provate a immaginare di entrare in un teatro, dove sul palcoscenico si trova la consolle del DJ, mentre in platea e sui palchetti migliaia di ragazzi e ragazze ballano questa canzone.
Bene, adesso vi siete fatti un’idea, forse.
Un
viaggio intenso può prevedere anche una certa immobilità nello
spazio, di contro spostarsi di migliaia di chilometri può anche
comportare un rimanere sempre nello stesso luogo; un viaggio è tale
se ti mette in discussione, se poi quando torni non sei più te
stesso, perché i viaggi veri sono viaggi dell’anima, il resto sono
solo biglietti timbrati. Quel
viaggio fu un rito
di passaggio
iniziatico,
perché
tornai
diverso,
con tante idee in testa e
anche molta confusione, lo ammetto, eppure con una determinazione che
non so bene da dove provenisse.
Ma sopra ogni cosa mi apparve subito chiaro, nella mia testa di
ventiquattrenne, che non esisteva
alcuna
differenza tra noi cinque
ragazzotti di provincia e
tutti quei giovani che si trovavano in quel locale. Mi
accorsi che mentre
ballavamo e cantavamo quelle stesse canzoni, potevi essere vestito o
esprimerti come volevi, credere o pensare quello che ti
pareva,
perché
davvero
non c’era
alcuna
differenza
tra di noi. Ogni
retropensiero che
avevo avuto fino a quel momento era
un pregiudizio,
ogni
convinzione passata
crollava
di fronte alla musica che legava tutti in un’unica danza.
Ecco,
credo che il ritorno di Saturno in Acquario voglia allestire una
nuova scena, che quindi è anche vecchissima, penso che anche
adesso ci voglia
parlare di condivisione globale, di un’età che ci darà di nuovo
il senso di una collettività più ampia: penso alla fine delle
barriere, delle discriminazioni, al mio Paese che appartiene ormai a
una nuova Europa che la pandemia ha reso più unita. Credo
infine, o meglio spero, che tra quei ragazzi che ballavano, in quelle
sere, nessuno abbia dimenticato oggi
che
era bello semplicemente stare insieme lì per festeggiare; noi,
migliaia di ragazzi e di ragazze che provenivano da tutte le parti
d’Europa, il 31 dicembre 1991.
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