giovedì 19 marzo 2020

Il dono perverso


Honoré Daumier, Tiens peuple, tiens bon peuple


Stiamo a casa, confinati nelle stanze a condividere un tempo che riacquista un senso e una densità nuova e inaspettata. Il virus che ci impone il ritiro dal mondo, allo stesso tempo ci apre ad un altro mondo che, anche s’è fatto delle stesse cose con cui abitualmente agiamo, le colora di sfumature diverse. Stiamo a casa e siamo costretti a ridisegnare le nostre abitudini, sopportare le nostre idiosincrasie e ritagliare spazi personali che finiscono con l’essere inevitabilmente luoghi mentali. Un rifugio forzato, forse un nascondiglio dove poter tornare a noi stessi coltivando quello che i latini chiamavano otium e che ‘ozio’ non era, poiché era tempo in cui ci si dedicava alla casa, al podere o agli studi e da qui per estensione divenne l’attività letteraria. Eppure in questo isolamento non siamo mai del tutto soli, perché anche qui siamo invariabilmente raggiunti dalla società pornografica che ci ricorda che dobbiamo continuare a produrre, a lavorare per sostenere e per alimentare il Nuovo Capitale.

Il primo segnale mi giunge da Candy crash che m’informa che potrò giocare senza limiti, vite infinite, che per uno come me cresciuto negli Ottanta è un paradosso vicino alla fisica quantistica; e poi uno dopo l’altro ecco arrivare i doni del mondo dell’intrattenimento: Sky apre tutti i pacchetti (sport e calcio per tutti), Mediaset ripropone la saga di Harry Potter e ancora, tra buonismo e munificenza, s’inaugura una gara a chi dà di più, a chi regala ebook o solamente sconti, i più tirchi. Si sa che il marketing deve essere principalmente flessibile e cogliere opportunità dove si manifesta la desolazione, perché una crisi è sempre un momento di passaggio, o più propriamente un passare attraverso, quindi non è poi così importante potere superare un momento più o meno lungo di difficoltà, quanto piuttosto il modo con cui tale crisi si supera. Credo che sarà difficile far finta di niente quando tutto questo sarà finito, sarà difficile dire a noi stessi che tutto sarà come prima e tornare ad essere sempre gaiamente impreparati.

Vedere un’opportunità in una crisi è il lavoro che svolge quotidianamente il capitalismo che, esattamente come Crono, si nutre dei suoi stessi figli trasformando quello che genera in cibo per perpetrarsi e affermarsi come unica e indiscussa divinità. Ed ecco allora l’atto del donare che, nella sua apparente gratuità, pretende invece un corrispettivo morale e materiale. Nel poter vedere di più, possiamo contemplare le forme dello spettacolo e dell’intrattenimento nell’illusione perfetta della gratuità, ma è un omaggio che prevede il nostro stare di fronte all’epifania delle immagini, poiché interagendo con i dispositivi elettronici o sui Social Media, non facciamo altro che aumentare il traffico di dati in Rete e gli ascolti per l’industria televisivaPerché su una cosa occorre subito fare estrema chiarezza: un'immagine oggi non è solamente un'immagine, qualsiasi rappresentazione figurativa (video o immagine) che ci passa davanti agli occhi è, prima di ogni altra cosa, una merce, un prodotto che nel medesimo tempo produciamo e acquistiamo. Dunque 'poter vedere' di più è un dono perverso che permette al Nuovo Capitale di monitorarci, un vero e proprio lavoro, in quanto il nostro guardare e interagire in Rete produce di fatto ricchezza che si crea quando noi tutti spettatori spostiamo il nostro sguardo da un contenuto ad un altro, posizionando i nostri ‘mi piace’ e i nostri commenti, condividendo e lasciando che altri sguardi insieme ai nostri finiscano con il collocarsi al loro posto nella catena di montaggio del vedere. Siamo contati in ogni singolo cambio dello sguardo su un nuovo contenuto, sia esso un post curioso o l’ennesima replica di un film di successo, e i numeri che noi stessi creiamo servono per vendere a un prezzo più alto la pubblicità. Ed è questo il modo con cui ricambiamo il dono perverso della società pornografica, lo paghiamo con il nostro tempo passato davanti ad uno schermo. Uno scacco matto che ci vede nell'illusione di comsumare, mentre in realtà siamo gli ignari lavoratori: guardiamo e guardando produciamo ricchezza per il Nuovo Capitale che ci vuole fedeli e instancabili spettatori.

Nell’Antico Regime era consuetudine in occasione di feste o anche festeggiamenti privati, come nascite o matrimoni, elargire cibo o addirittura monete d’oro al popolo sotto forma di lanci dalla finestra di casa o dalla carrozza, rendendo di fatto manifesta la verticalità del dono. Naturalmente più il nobile che elargiva era in alto nella piramide sociale, più grande doveva essere l’elargizione tant’è che, ad esempio, quando nel settembre del 1751 nacque un figlio al Delfino di Francia, vi furono feroci tumulti per afferrare le monete gettate al popolo che era affamato e disperato. L’atto di donare, quando viene dall’alto in modo sfarzoso e scenografico, manifesta superiorità e l’implicita accettazione della subalternità di chi riceve. E non ultimo la semplice e amara constatazione che le poche monete raccolte dal popolo non cambiavano minimamente la condizione d’indigenza delle masse, ma allo stesso tempo gettavano una luce di gloria perfetta sul nobile di turno. Il dono perverso è un movimento che restituisce più di quanto offre, nella perfetta illusione che vede proprio nel dare l’atto che consolida e rafforza la verticalità del potere e del comando. Il potere non assume più la forma del totalitarismo politico ma quella più perfetta e inattaccabile della dittatura del consumo, davanti alla quale siamo veramente tutti uguali, ovvero tutti democraticamente servi della società dello spettacolo.