mercoledì 30 dicembre 2020

31 dicembre 1991



Tutte le cose diritte mentono.
Ogni verità è ricurva.
Il tempo stesso è un circolo.

(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra)


In Così parlò Zarathustra Nietzsche afferma l'eterno ritorno dell'uguale, ovvero il fatto che le stesse cose accadono e poi si ripetono di nuovo, continuamente. Nietzsche non parla del simile, come il ritorno delle stagioni, l'alba, il tramonto ecc., ma dell'uguale. Inoltre il filosofo non ci aiuta affatto nell'interpretazione, perché nei due testi in cui espone la sua teoria, ovvero La gaia scienza e appunto in Così parlò Zarathustra, le sue parole sono assolutamente criptiche e dal tono perentorio e profetico. Però in un passo dei Frammenti postumi, Nietzsche riferendosi all'eterno ritorno scrive: «In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte». In questa direzione il tempo assomiglia più ad una scena che viene allestita e riallestita continuamente, pertanto il tempo è come un palcoscenico sul quale un bravo scenografo ha misurato al centimetro lo spazio che deve intercorrere tra gli oggetti di scena e un altrettanto bravo regista ha affidato con scrupolo ruoli e scene agli attori. L’opera teatrale va in scena ogni sera, tutto è nell’esatta posizione della rappresentazione precedente, gli attori hanno la loro parte, tuttavia non hanno le battute assegnate, sono liberi di improvvisare, come un canovaccio della commedia dell’arte. Se pensiamo alla nostra vita come ad un sistema finito dentro un sistema infinito (la nostra anima?), ogni combinazione (reincarnazione?) può ripetersi infinite volte.

A sostegno di questa teoria l’astrologia, ma anche l’astronomia, possono aiutarci, perché lo stesso cielo ritorna sopra di noi, a cadenza periodica più o meno estesa nel tempo, eppure ritorna; ritorna l’identico cielo, dunque l’uguale, se è vero com’è vero che è così in cielo come è in terra. Assorto da questi pensieri sono andato a vedere dove si trovasse Saturno, il maestro del Karma, l’ultima volta che l’ho avuto nel mio cielo, perché si sa che il ciclo di Saturno attorno al sole è di ventinove anni, quindi è il pianeta che nei suoi passaggi segna le fasi della nostra vita. In poche parole Saturno è il pianeta che riallestisce il palcoscenico, lo scenografo che prepara nuovamente la scena e che, nell’evidenza dell’età passata, ci dice che in realtà il tempo non esiste, perché la stessa scena ritorna e dunque solo la nostra anima può evolversi e scegliere di andare avanti oppure decidere di fermarsi e rimanere lì, esattamente dove l’abbiamo lasciata ventinove anni fa.

Il 31 dicembre 1991 mi trovavo a Londra e, esattamente come adesso, avevo Saturno in Acquario. Ero riuscito a farmi anticipare il regalo di laurea di qualche mese e così, insieme ad alcuni amici con cui condividevo la passione per la musica, ero andato a festeggiare il Capodanno a Londra. La vacanza aveva uno schema programmato in partenza: visita a tutti i luoghi di culto della musica underground della città (mercati, negozi di dischi), e poi di sera il tour dei locali dove si poteva ascoltare e ballare quella grande musica.

A questo punto sarebbe meglio ascoltare cosa intendevamo al tempo per grande musica.



A dire il vero avevamo messo in calendario anche una visita alla National Gallery e al British Museum, dove riuscimmo ad andarci anche se gli orari dei musei remavano contro di noi. In ogni caso il programma prevedeva una colazione molto vicina al pranzo, un pomeriggio in giro per negozi di dischi e di cultura indie, e infine la sera che era quasi totalmente riservata al Camden Palace, un ex teatro riconvertito in sala da ballo nel centro del quartiere più innovativo di Londra: Camden Town. Ora provate a immaginare di entrare in un teatro, dove sul palcoscenico si trova la consolle del DJ, mentre in platea e sui palchetti migliaia di ragazzi e ragazze ballano questa canzone.



Bene, forse adesso vi siete fatti un’idea, forse.


Un viaggio intenso può prevedere anche una certa immobilità nello spazio, di contro spostarsi di migliaia di chilometri può anche comportare un rimanere sempre nello stesso luogo; un viaggio è tale se ti mette in discussione, se poi quando torni non sei più te stesso, perché i viaggi veri sono viaggi dell’anima, il resto sono solo biglietti timbrati. Quel viaggio fu un rito di passaggio iniziatico, perché tornai diverso, con tante idee in testa e anche molta confusione, lo ammetto, eppure con una determinazione che non so bene da dove provenisse. Ma sopra ogni cosa mi apparve subito chiaro, nella mia testa di ventiquattrenne, che non esisteva alcuna differenza tra noi cinque ragazzotti di provincia e tutti quei giovani che si trovavano in quel locale. Mi accorsi che mentre ballavamo e cantavamo quelle stesse canzoni, potevi essere vestito o esprimerti come volevi, credere o pensare quello che ti pareva, perché davvero non c’era alcuna differenza tra di noi. Ogni retropensiero che avevo avuto fino a quel momento era un pregiudizio, ogni convinzione passata crollava di fronte alla musica che legava tutti in un’unica danza.


Ecco, credo che il ritorno di Saturno in Acquario voglia allestire una nuova scena, che quindi è anche vecchissima, penso che anche adesso ci voglia parlare di condivisione globale, di un’età che ci darà di nuovo il senso di una collettività più ampia: penso alla fine delle barriere, delle discriminazioni, al mio Paese che appartiene ormai a una nuova Europa che la pandemia ha reso più unita. Credo infine, o meglio spero, che tra quei ragazzi che ballavano, in quelle sere, nessuno abbia dimenticato oggi che era bello semplicemente stare insieme lì per festeggiare; noi, migliaia di ragazzi e di ragazze che provenivano da tutte le parti d’Europa, il 31 dicembre 1991.