martedì 11 dicembre 2018

Negativa




«Ciò che vedo (nella fotografia, ndr) è che io sono diventato Tutto-Immagine, vale a dire la Morte in persona: gli altri – l'Altro – mi espropiano di me stesso, fanno di me, con ferocia, un oggetto»
(R. Barthes)

L'ultimo lavoro di Alessandro Baronciani s'intitola Negativa ed è un'opera che, nonostante la forte caratterizzazione data dal genere letterario, presenta tutta una serie di rimandi e allusioni che spingono a collocarla su un diverso piano narrativo, più articolato e profondo rispetto alla struttura della vicenda raccontata. La storia è più vicina all'horror piuttosto che al genere hard-boiled o al thriller alla Dario Argento (quello più avvincente e originale della trilogia degli animali), eppure a mano a mano che la lettura procede ci accorgiamo che la narrazione racchiude altri significati, aprendo inediti percorsi di senso. In questa direzione è interessante vedere come sia proprio il procedimento metonimico a costituire la struttura della grapich novel, sia dal punto di vista del segno grafico sia per quanto concerne la parte relativa alla drammaturgia. In particolare è proprio la causa per l'effetto a muovere la corsa dello sguardo, come ad esempio nella pagina “tagliata” che indica una ferita da foglio di carta oppure nelle inserzioni delle alette interne che triplicano le pagine, sviluppando ogni volta diverse e originali impaginazioni; e da questo punto di vista la lettura di Negativa sorprende ogni volta che si gira una pagina.

Nel libro la scelta stilistica del bianco e nero rimanda di fatto alla coppia oppositiva e complementare di luce e buio e, per estensione, alla metafora di bene e male la cui lotta, se da un lato è utilizzata per sviluppare la trama e l'intreccio, dall'altro lato sposta il punto di osservazione proprio sul ruolo di medium della fotografia; intesa proprio come scrittura con la luce, espressione artistica che solamente dieci anni fa necessitava di un passaggio da un momento negativo, rappresentato dalla pellicola, ad un secondo tempo positivo, sintetizzato dalla stampa finale. La riflessione si sposta sull'immagine fotografica e su quel suo essere oggi privata del momento formale e costitutivo, ovvero dello sviluppo della stampa. Non a caso i nostri tempi vedono la fotografia come un atto istantaneo e pulsionale, un prodotto di una delle numerose applicazione degli smartphone che vive solamente poche ore sulle bacheche dei Social Network. La fotografia sembra aver perduto la sua fase di latenza, quel sonno abbandonato nella vasca dello sviluppo fotografico che era anche momento di riflessione e di determinazione dello sguardo per il taglio finale dello scatto. Se è vero che oggi è possibile modificare profondamente l'immagine applicando centinaia di filtri alla fotografia digitale, appare altresì perduta definitivamente l'attesa della nascita della fotografia, il suo farsi forma ed equilibrio di luce e di ombra. In questa direzione è illuminate ricordare quello che affermava Giacomo Leopardi nel pensare l'attesa come desiderio puro della felicità, in quel suo essere sempre passato o futuro, e mai presente.

Ed è proprio questa riflessione che sembra legare Negativa con il precedente lavoro di Alessandro Baronciani, ovvero con Come svanire completamente; infatti se in questo nuovo libro la storia nasconde la riflessione sull'immagine, piegandola alle ragioni della narrazione, nell'opera del 2017 è proprio l'immagine, o meglio la scelta della narrazione per immagini a prevalere sulla vicenda e sulla storia. Infatti quella morte che lega gli snodi della narrazione in Negativa è la stessa che la fotografia rivendica allorquando cristallizza la realtà, operando quel processo di mortificazione che sempre lo scatto fotografico trasforma da soggetto in oggetto, inquadratura, fotogramma. Come l'alter ego malvagio di Stella vive nello spazio che separa il sogno dall'incubo, così la sirena in Come svanire completamente abita nella linea sottile che divide la realtà dall'immaginazione, il luogo senza tempo del mito dalla vita di tutti i giorni. Per questa ragione i due ultimi lavori di Baronciani, pur essendo lontanissimi l'uno dall'altro, sembrano dialogare insieme in un movimento a spirale in cui testo e immagine si fondono e si confondono, lasciandoci in quello spazio liminale nel quale il testo verbale e non verbale non possono fare più a meno l'uno dell'altro; come il bianco e il nero, la luce e l'ombra.