mercoledì 19 aprile 2017

Elogio della noia

La noia non è altro che una mancanza del piacere,
che è l'elemento della nostra esistenza,
e di cosa che ci distragga dal desiderarlo
(G. Leopardi)

A volte incrociare i dati e le conclusioni delle ricerche universitarie produce nuove consapevolezze, ci si trova improvvisamente di fronte a un punto di vista inedito che porta a sintesi inaspettate, a volte illuminanti. È il caso del risultato dello studio del dipartimento di scienze sociali della Rutgers University del New Jersey che ha stabilito che l'80% dei post che appaiono sui Social media riguardano esperienze vissute nel momento stesso in cui vengono pubblicate. In sostanza vi è una forte tendenza a far coincidere le nostre emozioni, ciò che proviamo quotidianamente, con la condivisione in rete, come se il filtro della nostra coscienza non fosse più dentro di noi, ma all'esterno, ovvero sulle timeline dei principali Social network. Affidiamo sempre più a Internet il compito di rielaborare i moti del nostro animo, soprattutto attraverso la gratificazione dei “mi piace” e dei commenti. A ciò possiamo aggiungere lo studio della prestigiosa Harvard, che ha stabilito una forte correlazione tra il compiacimento prodotto dalle nostre apparenti interazioni in rete con il rilascio da parte del cervello di dopamina: la stessa che si manifesta quando assaggiamo del buon cibo, pratichiamo sesso o ci sottoponiamo ad un soddisfacente esercizio ginnico e sportivo.

La conclusione appare evidente, cerchiamo (e troviamo) nella rete e nei social media quella gratificazione fisica, ancor prima che psicologica, che ci permette di sopportare la frustrazione della noia e dell'attesa. Quello sguardo che posiamo su ciò che accade sugli schermi dei nostri smartphone ha a che fare con il piacere rilasciato dai nostri neurotrasmettitori cerebrali, poiché condividere pubblicamente un'emozione viene ricompensato dal nostro cervello con la somministrazione di un piccolo godimento, una breve scarica elettrica di piacere. Quindi apparentemente nei Social cerchiamo gli altri, sotto forma di comunicazione e di condivisione, mentre in verità creiamo uno sguardo speculare che cerca e insegue solamente noi stessi, la nostra immagine. Si parla sempre più diffusamente di narcisismo digitale, ma non si riflette sul corollario che dal compiacimento verso noi stessi conduce verso la fuga dal tedio, visto sempre più come zona morta, da “riempire” ad ogni costo con qualsiasi cosa, di qualsiasi tipo. Non resistiamo più di fronte all'attesa, non sopportiamo più la contemplazione del vuoto: tutto deve correre e scorrere, anche senza senso e direzione, pur di evitare il silenzio e la noia. Quando i guru del marketing compresero che ci doveva essere musica ovunque, perché ciò rendeva più facile le transazioni commerciali, non si resero conto che non era tanto il piacere di una bella canzone che predisponeva all'acquisto, quanto piuttosto la distrazione che essa provocava nonché lo scivolamento verso le emozioni. Ed infatti quando smettiamo di pensare e ci abbandoniamo alla dittatura dei sensi, diventiamo tutti fragili prede.

La noia è vitale e salvifica, ci permette di scendere e scavare dentro di noi, piuttosto che scivolare sulla superficie delle cose che accadono. L'attesa dunque non è solo una porzione di tempo che intercorre tra due eventi, ma è uno spazio fisico, una stanza che abitiamo e in cui riconosciamo noi stessi. Dentro la noia non c'è solo la privazione del piacere, bensì la ricerca dell'essenza, chi sceglie quello spazio liminale dove non si è continuamente sollecitati come in un luna park, sceglie di abitare se stesso ancor prima della propria immagine. La noia è il silenzio, l'attimo necessario che precede una finestra che si apre, l'aria che entra e lo sguardo che ricomincia il suo viaggio.